Viviamo in un tempo di crisi globali: conflitti, emergenze ambientali, disuguaglianze sociali. In questo scenario, l’educazione non può limitarsi a trasmettere competenze tecniche: deve aiutare l’essere umano a trasformarsi, a passare dal sé individuale al noi collettivo, e infine ad abbracciare il tutto, in un orizzonte di giustizia, equità e solidarietà.
Shrii P.R. Sarkar ricordava che
“L’educazione è ciò che libera” (Sa’ vidya’ ya’ vimuktaye).
Non libera solo l’intelletto dai dogmi, ma anche il cuore dalle paure e l’agire dall’egoismo, orientandoci verso una coscienza inclusiva.
La stessa prospettiva si ritrova nelle parole di Martin Luther King:
“Dobbiamo imparare a vivere insieme come fratelli, o periremo insieme come stolti.”
E Paulo Freire, pedagogista della liberazione, sottolineava:
“Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo: gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo.”
Un richiamo potente all’educazione come processo condiviso, mai riducibile all’individuo isolato.
Nel suo linguaggio poetico, Rabindranath Tagore affermava:
“Io dormivo e sognavo che la vita era gioia.
Mi svegliai e vidi che la vita era servizio.
Servii e compresi che il servizio era gioia.”
Il movimento dall’io al noi, e dal noi al tutto, si compie anche nell’esperienza del servizio altruista, che diventa fonte di felicità autentica.
L’educazione neoumanista raccoglie questi fili e li intreccia in una proposta concreta: unire lo sviluppo della persona (sé), con la comunità (noi), e con il cosmo intero (tutto). Una pedagogia che mette in dialogo conoscenza e amore, radici e futuro, individuo e collettività.
Come scrive Edgar Morin:
“La missione suprema dell’educazione è insegnare la comprensione tra gli esseri umani.”
Dal sé al tutto, l’educazione diventa così un cammino di liberazione, un processo di trasformazione che apre alla possibilità di una società universale fondata su giustizia, equità e solidarietà.